Libri – “Quasi tutto velocissimo” di Christopher Kloeble
Quando la normalità è solo un concetto
Una saga familiare giocata su due piani temporali attraverso un secolo di storia.
Articolo di Giovanni GiustiPersonaggi teneri che spesso fanno cose terribili. Una scrittura semplice e per immagini che ti rimane nella testa anche dopo che hai chiuso l’ultima pagina, con il giovane protagonista, l’orfano Albert, che cerca la madre e che trova invece un mondo di cui neanche sospettava l’esistenza. Tutto racchiuso nel minuscolo paese immaginario di Segendorf, nel cuore della Alpi Bavaresi.
Quasi tutto velocissimo, edito da Keller e tradotto da Scilla Forti, è l’ultimo romanzo di Christopher Kloeble, presentato al Goethe-Institut di Roma al termine del tour dell’autore che ha attraversato tutta l’Italia. L’incontro è stato moderato dalla scrittrice e sceneggiatrice Francesca Melandri.
Al limite della follia
Abbiamo incontrato Christopher Kloeble insieme a Francesca Melandri. Quanta programmazione c’è stata nella scrittura e quanto invece i protagonisti sono usciti direttamente dal suo cuore?
“La figura principale dalla quale sono partito è stata proprio quella di Fred, una figura alla quale sono affezionato da moltissimo tempo, prima, molto prima che scrivessi questo romanzo. Mi è stata ispirata dal mio vissuto reale in un piccolo paese dell’Alta Baviera, dove effettivamente delle persone molto somiglianti a Fred esistono realmente. Ed è un personaggio che ha mi ha accompagnato in un arco di tempo molto lungo. Prima è comparso in un racconto e, attraverso varie fasi, è cresciuto sempre di più, conquistandosi uno spazio preponderante nel mio immaginario. Qualcuno ha osservato che ne ho fatto una rappresentazione un po’ troppo carica, Fred può essere considerato un personaggio al limite della follia. Invece la linea di demarcazione tra ciò che è considerato follia e ciò che è considerato normalità non è così netta. Sono convinto che il concetto di ‘normalità’ sia un concetto piuttosto astratto e quella che noi consideriamo normalità sia una cosa abbastanza esotica, ho sviluppato una predilezione per questo tipo di normalità che in fondo non è tale”.
Uno sguardo diverso
La storia di “Quasi tutto velocissimo” è comunque una storia molto personale.
“Albert ha dei dubbi sulla sua identità, e questo è il mio vissuto nelle Alpi Bavaresi. La mia famiglia non era originaria del paese dove vivevamo, e io ero un po’ preso di mira dagli altri bambini, non riuscivo a fare quello che facevano loro, ad arrampicarmi come loro, non tifavo per l’FC Bayern come loro, ho bevuto la prima birra a 18 anni. I personaggi dei miei libri non tanto non hanno una famiglia, quanto non hanno proprio radici, perché io non ne avevo. Nella vita poi c’è un conflitto tra le nostre prospettive e le vite degli altri. Non capiamo le prospettive degli altri, non siamo empatici, non siamo in grado di capire cosa agita le altre persone. La letteratura invece rende possibile ciò che nella vita quotidiana non è possibile, ci fa sviluppare, uno sguardo diverso sul vicino, meno impulsivo. Io ho scritto questo libro perché avevo interesse a scrivere questa storia, ma penso che un libro come questo aiuti anche il lettore a cambiare prospettiva su come guardare la vita.”
Realismo magico bavarese
Perché leggere questo libro? Lo chiediamo, come conclusione, a Francesca Melandri.
“Quasi tutto velocissimo è molto divertente e molto piacevole da leggere. Ho provato il piacere della lettura, e questa è la cosa fondamentale che si chiede a un libro. Per me è stato decisamente così e poi mi sono molto affezionata a questi personaggi sconclusionati, sgangherati, ma che toccano veramente il cuore. E se riuscite a immaginare un realismo magico bavarese, Segendorf sarebbe la sua Macondo.”